venerdì 23 dicembre 2016

Manuale per spin-doctor del patrimonio artistico. Arte e sfera pubblica

"Il ruolo critico delle discipline umanistiche", così recita il sottotitolo, si presenta nelle nostre librerie con un dettaglio in copertina di Domani chi sa di Piero Manzoni, opera del 1956 della Fondazione Manzoni di Milano.
Scelta interessante; fa pensare. Va oltre il gusto personale dell’autore e dei suoi studi; direi sia da intendere come una domanda aperta, un invito per l’arte contemporanea (e la contemporaneità) da porsi nelle sue varie sfaccettature. Sì, perché le questioni sono sempre aperte, lo sappiamo! E le domande sono le ultime a sparire.
Il volume, pubblicato da Donzelli, si presenta con quattrocentro-otto pagine; dopo l’introduzione, che non è una semplice premessa di metodo ma un chiaro disegno critico di questo prodotto, egli articola la sua opera sostanzialmente il tre parti: Immagini e parole; sciami, migrazioni, morfologie e, in conclusione, una dichiarazione d’intenti (la definirei) con dieci libri “colti” contro la pedanteria. Due precisi blocchi distinti, pronti per la lettura.  
Con un impianto del genere è naturale che gli stimoli proposti possano esser molteplici e multiformi,  colti in un senso verticale della lettura, una visione diacronica alla Chomsky. Sì, perché, nell’approccio applicato, chiaramente interdisciplinare, appaiono quegli stessi dati che interagiscono con la visione di un universo, un macrocosmo di effetti, rigenerante, volto al rinnovamento.

L’opera ha un assetto che rammenta – nella prima parte - la Storie dell’arte di Gianni Romano (lo studioso di Mantegna e del Rinascimento) pubblicate dallo stesso editore più di un decennio fa; ma la scelta degli interlocutori stavolta cade direttamente su Panofsky, Gombrich, Warburg, Longhi e Baxandall. Una scelta ardita, potrebbe sembrare. In verità si danno delle risposte mirate, partento già dal numero delle pagine: per Panosky e Longhi sono state dedicate trenta pagine (il primo, per la precisione 34), contro le ventisei a Baxandall, venti a Warburg (in compagnia di Nietzsche e Splenger) e diciotto a Gombrich; chi legge Michele Dantini sa bene che questi dati sono da tenere nella giusta considerazione.
L’esigenza teorica dello studioso è quella di presentare un’ossatura chiara, precisa, attenta all’approccio metodologico della lettura dell’opera seguendo il principio della contaminazione dell’arte contemporanea e della visione comparata ai vari fenomeni  della produzione culturale europea e internazionale. E sì, perché di Europa e di America si parla, chiaramente nella seconda parte, in medias res questa volta, tra Duchamp, Le Corbusier, Manzoni e L’arte post bellica (uno dei suoi cavalli di battaglia).
L’auotore parte dalla giustapposizione tra Panofsky ed Heidegger, sviluppando la descrizione di quel “Pantheon personale” di Panofsky tra le due guerre; inserisce Durer in una “triade di eroi culturali”, con Kant e Goethe; un genio nazionale tedesco che entra in contatto con le immagini per antonomasia della storia del pensiero, con un “occhio storico disinteressato” (p. 28).
È infatti questa la visione di Michele Dantini,  da sempre alla ricerca di una nuova missione per la storia dell’arte (invocando quella terza, continuamente richiesta, ma assente - fuori dai criteri di valutazione della scena universitaria, rannicchiata nella sua “cultura antiquaria”).  In questa prospettiva l’attività dello storico e del curatore deve rinnovarsi, all’interno di un contesto che rischia di non raggiungere l’upgrade adeguato alle proprie potenzialità e alle nuove sfide; un contesto che cerca nuovi punti di riferimento, degli eredi consapevoli e stabilmente incardinati in strutture meno precarie e secondo procedure meglio definite.
Insomma una prospettiva lata, pervasa dal coinvolgimento di buone pratiche per un modello attuale ancora da costruire saldamente; alla ricerca di nuove sfide, pronte per essere attuali!
Filosofo di formazione,  storico dell’arte nel perfezionamento in Normale con Paolo Fossati, Paola Barocchi ed Enrico Castenuovo, l’approccio di Dantini come studioso è sicuramente differente e si vuol imporre come “opposizione politica” propositiva per questa panoramica storico artistica.
Quindi, se la lettura dell’opera è l’obiettivo primario alla base della conoscenza e della sua evoluzione, il piano si amplia alla descrizione e all’interpretazione del suo senso.
“Arte post bellica” è la prospettiva di una nuova formula di studio che apre fronti differenti. È una riflessione molto raffinata sul metodo, che coincide con l’uscita del numero monografico sullo stesso argomento su “Predella. Journal of visual art”. Il momento è infatti decisivo per la ricostrizione di un contesto che era poco definito nella sua complessità; ora si assemblano in una questa miscellanea di aspetti che si proiettano su casi specifici della ricostruzione della nuova identità di quattro nuove generazioni, come le definisce, “da Fontana a Manzoni a Paolini e De Dominicis, da Cattelan a Cuoghi”. Un momento storico di ampio respiro, che si dispiega in un panorama ricco di proposte visive, le cui formule andrebbero ancora inquadrate secondo l’ausilio di una “connoissourship specifica, attendibile, spigliata..... e perspicace”(cit. p. 225). Quindi la domanda chiave da porsi “quali sono i rapporti, in ambito contemporaneistico, tra filologia e mito, ricerca storica ed egodocumento?”. Ecco che finalmente si pone a livello teorico un nuovo punto di partenza sui metodi. Cercare una risposta può aiutarci a ricollocare il “punto d’osservazione” dello studioso e – conseguentemente – del critico. Da una parte l’interrogativo si pone sull’assetto culturale della visione del critico-curatore (e il suo rapporto con il gallerista, aggiungerei); dall’altro una visione temporale molto ampia, articolata in circa un sessantennio di attività, di formule e ricerche visive estremamente eterogenee per la ricerca teorica a cui si affacciano.
E in questo “case study” si concretizza un sincretismo storico artistico contemporaneo che si aggancia a casi di collezionisti come Giuseppe Panza, ambiziosissimo industriale aperto all’arte americana; il che dimostra come quella frattura della guerra fredda vissuta in senso politico abbia invece portato artisticamente un processo osmotico rilevante e decisivo, come acutamente colto da Francesco Arcangeli e Carla Lonzi. 
Il rapporto Duchamp e l’antico, già impostato in Macchia e stella (Joan&Levi, 2014) un paio di anni fa, risponde a questa visione della scienza della produzione artistica incardinata stabilmente  nell’esegesi ermetica, a partire dal vecchio testamento al Libro mistico di Balzac o ai Fiori del male di Baudelaire ove, con l’accostamento a Wagner, si rinviene il linguaggio diafano, orfico primoridale, che riesce a parlare dei sentimenti. Da qui quel senso del corpo nudo, a cui presumibilmente vuol dare quel senso di “erotismo” (?) colto nell’atto performativo del gesto classico e naturale dello “scendere le scale”; una sorta di primitivo senso del ritorno alla visione di una mimesis naturalistica, filtrata e visionaria. Un rapporto tra arte e scienza (cfr. Oltre cura di Luciano Caramel - Il Premio Michetti 2016 a) visto alla stessa stregua di Leonardo.
Un senso dell’ “Oltre, nel cosmo, nell’incognito degli universi”, nel vaticinio proprio di quegli anni; è Carlo Rovelli, illustre fisico teorico,  che rammenta nelle sue Sette lezioni di Fisica (Adelphi, PB 2014, p. 11) che “la scienza ci mostra come meglio comprendere il mondo e sottolinea “quanto vasto sia ciò che ancora non sappiamo”; e ancora “il pensiero scientifico si nutre delle capacità di vedere le cose in modo diverso da come le vedevamo”; tant’è la conseguente sofferenza e lo straziante universo di Manzoni, ostracizzato “dall’ordine borghese”, abile a giocare con le figure velate degli Achromes, magrittianamente impostate.
In questo display cognitivo, l’universo degli aspetti convergenti si imposta quasi feticisticamente a rebour questo ragionamento fatto da “sinestesie” di rapporti temporali, costruite e pronte ad esser decostruite nei vari rapporti; così come nel paragone tra le arti -per la costruzione di quella visione tra “buon governo e critica d’arte”, intesi in senso longhiano.
È un testo che va letto, in conclusione, nella sua interezza, ma estrapolato nelle sue parti, scelte come programma universitario, per esempio, per un corso di Storia della critica d’arte o di Storia dell’arte contemporanea – certamente. E al corredo di note, ricchissime di dati, non solo bibliografici. Un play within the play. Ma non solo.
Nel settore “contro la pedanteria” penso  si debba “cogliere” qualcosa in più. Riflettere soprattutto su quelle letture importanti, quei testi da leggere e rileggere, non solo per gli storici dell’arte, ma per quanti, aperti alla cittadinanza attiva e alla “sfera pubblica” lavorano fattivamente alla ricerca di un prodotto culturale colto nella sua fattispecie e pronto per esser portato fuori; fuori dalle aule universitarie, dalle biblioteche, dagli archivi; magari nei musei, per farli vivere degnamente, fuori da certe metafore commerciali, e pronti alla vita, alla ricerca della parola che l’opera d’arte comunica e del suo valore civile; una sorta di riflessione da manuale per spin-doctor per l’arte moderna e contemporanea e per la “politica” che crea benessere sociale. Il medium metodologico, quasi da “Momento Eureka” (considerata la fase di star-up, teorizzata sic et simpliciter, e oggi da interpretare nel senso Glocal del “qui e altrove”), è pronto con le sue buone pratiche, da leggere e rileggere.


Michele Dantini, Arte e sfera pubblica. Il ruolo critico delle discipline umanistiche, Donzelli, 2016, pp. 408.  

domenica 4 marzo 2012

Un appello all'Europa della cultura



L'Italia, e in grande misura l'intera Europa, deve oggi fronteggiare una sfida non semplice: quella di ritrovare la via della crescita. È una sfida che non può esaurirsi nella messa a punto di vecchi modelli, e che richiede invece in larga misura un atto di coraggio e di visione; due ingredienti che mancano ormai da troppo tempo nelle pentole in cui si cucinano le ricette della politica economica nazionale e continentale. Che la cultura debba far parte in modo importante del nuovo scenario è una opinione ancora minoritaria ma sempre più diffusa; e prova ne è la sorprendente risposta suscitata dal Manifesto pubblicato da questo giornale due settimane orsono, e che è stato sottoscritto entusiasticamente non soltanto da gran parte del mondo culturale italiano, ma anche da esponenti di primo piano della scena europea come il commissario all'Istruzione e alla cultura Vassiliou e il ministro danese della Cultura Elbaek: una eventualità difficile da pronosticare anche per i più inguaribili ottimisti.
Nell'opinione di molti la cultura è tutt'altro che una leva di crescita, è piuttosto un buco che risucchia risorse invece di produrne e che non a caso è quindi destinata a subire tagli selvaggi in tempi di crisi. Ma questo punto di vista, che peraltro fa riferimento a una concezione decisamente obsoleta del ruolo
di Pier Luigi Sacco - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/pWjy9 http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2012-03-03/appello-europa-cultura-180004.shtml?uuid=AazBUe1E


La cultura in Francia vince
Vista da Parigi, la pioggia di Oscar sul film muto The Artist non è solo la vittoria della rischiosa scommessa fatta dal produttore Thomas Langmann e dal regista Michel Hazanavicius ma dell'intera industria cinematografica francese. Di più: della battaglia che la Francia combatte da decenni sulla cosiddetta "eccezione, o diversità, culturale". Dal 1990 le televisioni hanno un doppio obbligo: di destinare almeno il 2,5% dei loro ricavi alla produzione di film francesi e di dedicare metà della programmazione di film a opere francesi. Il risultato, secondo i sostenitori di un sistema che altri ovviamente accusano di protezionismo, è che nel 2011 la Francia ha prodotto 207 film, per un investimento di Marco Moussanet - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/hGTKQ http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-02-29/perche-politica-francese-vince-064122.shtml?uuid=Aad1OUzE

mercoledì 8 febbraio 2012

In the mood for Love



EVENTO ANNULLATO!


IN THE MOOD FOR LOVE
(in balia dell’amore) è il titolo di una tre giorni organizzata dall’Istituzione Castello e Museo delle Arti di Nocciano,in collaborazione con il Gruppo "Giovani" della Delegazione FAI Chieti, e prevista per l’11 il 12 e il 14 Febbraio 2012, dalle 17.30 in poi.

http://blog.fondoambiente.it/chieti/in-the-mood-for-love
La rassegna, a cura di Eugenio Cancelli, docente di Storia della moda e del costume del master universitario in Economia e gestione della moda di Penne (Pe) nonché membro del comitato tecnico-scientifico del Museo di Arte Contemporanea di Nocciano, ha l’obiettivo di analizzare da vari punti di vista (letterario, poetico, cinematografico, stilistico e artistico) un aspetto particolarmente presente nella vita dell’essere umano: l’amore.
IN THE MOOD FOR LOVE (in balia dell’amore) condurrà, presso il Castello medievale di Nocciano, un luogo così poetico e suggestivo della provincia pescarese, personalità del mondo universitario, della poesia e dell’arte.
Il preside della facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Teramo, il prof.  Luciano D’Amico, insieme alla ricercatrice universitaria Annacarla Valeriano tratterà il tema L’amore riconosciuto e l’amore negato, mentre il prof.  Lino Di Ventura, gruppoanalista e docente di Psicologia dell'ateneo telematico UNIDAV di Torrevecchia Teatina (Ch), insieme alla psicologa e attrice Giulia Corrao, elaborerà alcune riflessioni su Il viaggio e il ritorno di Dino Campana.
La poetessa Bibiana la Rovere sarà la protagonista dell’intervento poetico-degustativo Elisir d’amore: degustazioni e parole a confronto con la performance Il y a longtemps que je t'aime.
Eugenio Cancelli, presso l’altrettanto suggestivo spazio Casamau a Villa Badessa di Rosciano terrà, invece, un incontro intitolato Il sentimento dell’eleganza nella moda del Rinascimento seguito dal film  Shakespeare in Love di John Madden, del 1998. 
Ivan D’Alberto, direttore del Museo di arte contemporanea di Nocciano, gli storici dell’arte Sibilla Panerai, Giovanni Paolo Maria De Cerchio (Responsabile FAI Giovani Chieti e Delegato alla cultura) e il docente di storia della fotografia Bruno Imbastaro terranno l’incontro In the mood for art (in balia dell’arte) seguito dalla performance Baci di cioccolata degli artisti pugliesi Marco Testini e Teresa Romano.



lunedì 6 febbraio 2012

Caravaggio secondo Mahon

La corretta lettura di Caravaggio
Il grande esperto del '600 Italiano, Sir. Denis Mahon,commenta i dipinti dell'artista 

venerdì 9 dicembre 2011

Black Xmas


Per affrontare  il tema del “Natale” in una nuova prospettiva: la rottura del mondo contemporaneo sulla sacralità del contesto natalizio... da Paul Gauguin a Munch agli ultimi fenomeni dell’arte contemporanea.
In contrapposizione alle canoniche scene di Annunciazione della Vergine di Beato Angelico o alle Natività di Gentile da Fabriano, si presenteranno alcune opere di Elisabeth Ohlson, in cui la fotografa svedese utilizza le opere più famose di Caravaggio, Rubens, Michelangelo, Leonardo, la composizione strutturale e i colori dei loro capolavori, per realizzare dodici fotografie in cui “la figura di Cristo viene messa e utilizzata per convogliare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla problematica dell’omosessualità e il suo rapporto con le confessioni religiose”.

Così gli apostoli dell’Ultima cena vinciniana diventano dodici transessuali, la Pietà michelangiolesca ritrae invece un malato terminale di aids.
Si avvieranno gli studenti al discorso sull’arte contemporanea dell’ultimo trentennio, attraverso il fenomeno della video art e la produzione di Tim Barthon noto registra, sceneggiatore, sceneggiatore, produttore, animatore e disegnatore statunitense, conosciuto per essere tra i registi di riferimento di un particolarissimo cinema dalle ambientazioni gotiche, fiabesche, poetiche e fortemente malinconiche, incentrato molto spesso su temi quali l'emarginazione e la solitudine e caratterizzato da una forte bizzarria creativa.

PROGRAMMA COMPLETO

  • Museo delle Arti, Nocciano (Pe)


  • Description
    MERCOLEDI' 21 DICEMBRE 2011
    ore 16.00 proiezione del Film di Animazione
    Nightmer Before Christmas
    ore 17.30 Suoni e colori della Notte di Natale
    animazione corporeo-musicale a cura della musicoterapeuta e performer Sara Tatoni

    Bouffet natalizio

    GIOVEDI' 22 DICEMBRE 2011


    ore 18.00 Conferenza "Black ChristmArt"
    a cura di Ivan D'ALBERTO , Sibilla PANERAI e
    Giovanni Paolo Maria DE CERCHIO
    ore 19.30 installazioni video di Jukuki:
    "Sia fatta la tua volontà", 2006, 1'30''
    scritto da Francesco M. De Collibus e "Not wishes", 2011, 1'

    Aperitivo natalizio

    in collaborazione con "Gruppo Giovani" del FAI-Fondo Ambiente Italiano- Delegazione di Chieti

    http://blog.fondoambiente.it/delegazione-fai-di-chieti/black-xmas

lunedì 5 dicembre 2011

SOTTO LA CENERE: Convegno FAI a Napoli 2011



I “Ciceroni”in tempo di crisi.
I Giovani al centro del sistema: l’ “Idea è Dea”



Il Volontariato rappresenta un fenomeno «straordinariamente vasto, vario e ricco», «una linfa vitale della nostra convivenza» che bisogna «sostenere anche garantendo le risorse necessarie» «proprio in questo momento di particolari difficoltà economiche». Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha salutato la «Giornata internazionale del volontariato» sottolineando «a nome della Nazione e delle istituzioni repubblicane» l'importanza del suo «ruolo insostituibile». Volontariato e terzo settore, secondo il capo dello Stato sono «punti di riferimento e protagonisti attivi della nostra società civile.
Fatta questa doverosa premessa, mi preme sottolineare qualche osservazione: la crisi economica attuale sta colpendo diversi settori, tra cui l’intero sistema del Ministero per i Beni e le attività culturali (MiBAC), dal suo organo centrale alle strutture periferiche. Pertanto, in questa difficile situazione, le varie Soprintendenze sono arrivate al punto di delegare a Fondazioni, attualmente in fase d’istituzione, la gestione diretta dei Beni archeologici e storico artistici locali.
Rispetto a questa situazione interviene una crisi ancor più profonda che sta coinvolgendo intimante anche il volontariato. Lo scoraggiante dato della disoccupazione, e particolarmente il conseguente disagio giovanile, sta allontanando dal mondo del volontariato una quantità sempre maggiore di ventenni e trentenni, che vanno alla ricerca di una occupazione, emigrano verso altre sedi oppure espatriano. Del resto gli ultimissimi dati pubblicati all’inizio di questo mese dal Sole24ore registra al 29% il tasso di disoccupazione, costituendo un nuovo record da gennaio 2004, a cui si affianca l’insufficienza di politiche mirate.
Tale dato rappresenta il più alto picco da quando si effettuano le rilevazioni, un segnale davvero gravissimo che testimonia il disagio delle giovani generazioni, costrette a confrontarsi con gli effetti di una crisi economica ancora “presente ed invasiva” (G. Tremonti).

Così anche la tradizionale formula del “Cicerone”, figura storica individuata dal Fai per svolgere le tradizionali visite guidate nell'ormai nota “Giornata di primavera” come per le altre attività svolte dalle delegazioni durante l’anno, potrebbe esser aggiornata alla luce delle nuove professionalità presenti sul mercato le quali, acquisite attraverso lauree specialistiche e Master professionalizzanti, rappresentano un patrimonio e un punto di riferimento di fondamentale importanza per lo svolgimento stesso delle iniziative, utilizzando e valorizzando questa massa di “cervelli”, evitandone la fuga.
Infatti, questo contesto sta rendendo più difficile la presenza costante dei “Ciceroni”, per i motivi dell’esodo sopra esposto, in grado di condurre con competenze e professionalità i turisti che partecipano alle iniziative culturali, o di svolgere la propria funzione di tutor per le figure più giovani degli “Apprendisti”.
Ciò ovviamente determina una sempre maggiore difficoltà nel portare avanti la forza e la funzione strategica del volontariato all'interno dei vari tessuti cittadini, ove operano le stesse Delegazioni.
A far fronte a tutto questo potrebbe intervenire una formula ipotetica di lavoro su cui sarebbe bene riflettere attentamente e per la quale si potrebbe avviare qualche progetto sperimentale in varie sedi che ne possano presentare l'apertura e la disponibilità già dalla prossima edizione della “Giornata di Primavera” 2011.
Infatti, se al fianco delle Delegazioni si formassero delle strutture affini in grado di svolgere il ruolo di un organismo capace di lavorare sui canali di finanziamento comunitari, regionali e locali, si potrebbero raggiungere alcuni obiettivi:

· Creazione di strutture permanenti di “giovani laureati” sul territorio;
· Evitare che i Ciceroni, per i quali le Delegazioni si spendono con fatica per formarli a dovere, vadano via;
· Timida risposta che il FAI può dare alla disoccupazione giovanile.


Così facendo si creerebbe un nuovo metodo di reclutamento, individuato all'interno di questo gruppo di giovani, laureati-disoccupati nelle discipline attinenti alle nostre attività (Laurea Magistrale-quinquennale in Beni Culturali archeologici, storico-artistici, della storia dell'architettura, nelle discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo; in Scienze naturali e ambientali) magari iscritti all'albo professionale provvisorio delle Guide della propria Regione (il cui requisito fondamentale è il possesso della laurea quinquennale -Magistrale/Specialistica o di vecchio ordinamento- con una tesi di Laurea legata all'ambito territoriale nel quale si va ad operare. Tale regolamentazione emerge dalla legge Bersani del 2007 e succ. modifiche).
In questo modo sarà così possibile individuare dei “Volontari/Professionisti”, cioè delle vere figure di  riferimento, utili ad affiancare l'attività organizzativa del Delegato alla cultura, al fine d’individuare dei punti strategici di concerto con il resto della Delegazione.
Tale ruolo andrebbe poi a convergere direttamente con alcune delle figure assenti nelle Soprintendenze le quali, in questa fase di crisi profonda nella quale versano a causa dei progressivi tagli di cui sono state oggetto da parte del Governo, stanno vedendo al loro interno, un lento e progressivo momento di indebolimento che le sta portando ad una fase di stallo irreversibile.
Pertanto dei progetti mirati alla promozione e alla tutela dei propri beni non riescono a partire dal Ministero, ma necessitano,  giocoforza, d'esser veicolato attraverso iniziative mirate da parte di privati o di Fondazioni.
In questo caso il Fondo Ambiente Italiano costituirebbe un ruolo strategico all'interno di questa logica; difatti, se la nostra mission è quella della valorizzazione e promozione del territorio attraverso il valido apporto dei nostri volontari, allora nella stessa maniera potremmo puntare sui “Giovani del FAI” e coinvolgerli direttamente nei processi di costruzione dei rapporti così individuati. In questo modo ogni Delegazione, in accordo con quelle della propria Regione, potrebbe stabilire dei meccanismi di auto-finanziamento o finanziamento (rispondendo a bandi di formazione comunitari o degli enti locali -Province e Regioni)  per le proprie strutture periferiche (Delegazioni locali affiancate dalle “cooperative” o organismi paralleli), capaci di poter investire sulla propria forza giovanile e di inserirla direttamente sul territorio; in questo modo i vari Delegati locali saranno in grado di svolgere dei servizi supportati dalla disponibilità di un certo tipo di “Risorse umane-volontarie”, alle quali si potrà corrispondere una sorta di “contributo-rimborso spese” tale da poter incentivare l’entusiasmo e i propositi per le future iniziative.
In questo modo il FAI potrebbe:

a.  metter in piedi un gruppo di studio-ricerca in grado di esaminare, sotto l’aspetto legislativo, le possibilità (bandi) da cui attingere i fondi;
b.  utilizzare una percentuale dei fondi trovati per la Formazione;
c.rinnovare la struttura delle Delegazioni, oggi basate esclusivamente su una fascia d’età che dedica  il proprio tempo libero al FAI perché pensionata o altrimenti impegnata.

Probabilmente con questa formula si creerebbe una sorta di “Volontariato Virtuoso” capace di attrarre le nuove generazione alla collaborazione e, contestualmente, di arricchire il proprio bagaglio formativo e “professionale”.
È proprio sulla Formazione il punto chiave sul quale focalizzare la nostra attenzione: la “Formazione Specifica”, per definirla così, potrebbe esser svolta dagli stessi Delegati, i quali fornirebbero il proprio bagaglio di competenze ai nuovi tesserati e a coloro che si dimostreranno interessati, svolgendo incontri di conoscenza sul territorio. La stessa formazione potrebbe esser affiancata da seminari universitari strategicamente organizzati ed individuati, appoggiandosi alle strutture degli atenei locali con cui, ad esempio, le Delegazioni sono già convenzionate; a ciò andrebbe abbinata la formazione generale e specifica che già la sede nazionale del FAI  ci fornisce, suddivisa per Macro-Aree (Nord-Centro- Sud); così facendo si potrebbero individuare delle formule formative di tipo monografico, utili per l’aggiornamento e l’organizzazione delle nostre strutture.  
In questo modo si andrebbero ad abbattere le cosiddette barriere che esistono tra il mondo delle associazioni ed i futuri volontari, coinvolti, così, in un circuito culturale tale da poter orientare determinate scelte e fungere da traino per nuove iscrizioni, e da prestigiosa vetrina per futuri sbocchi professionali.

Allora sarebbe opportuno ricordare ancora le parole di Napoletano, che ricorda che «abbiamo bisogno di questa grande scuola di solidarietà che generosamente produce azioni, pratiche quotidiane e progetti i quali rappresentano un contributo essenziale per la creazione di un diffuso capitale sociale. Proprio in questo momento di particolari difficoltà economiche è di fondamentale importanza sostenere il mondo del volontariato, anche garantendo le risorse necessarie a tener fede alla sua insostituibile missione riconosciuta da milioni di cittadini». (fonte: Ansa)


relazione a cura del gruppo "Giovani"
 della delegazione FAI di Chieti
Contatti


mercoledì 30 novembre 2011

La disoccupazione sale all'8,5%. Senza lavoro un giovane su tre

DA LA STAMPA.IT ECONOMIA

30/11/2011 - 
I DATI ISTAT

Il tasso tra i giovani ad ottobre 
si è attestato al 29,2% 
Occupato il 67,3% degli uomini 
e il 46,5% delle donne

ROMA

Il tasso di disoccupazione giovanile ad ottobre si è attestato al 29,2%, in diminuzione di 0,1 punti rispetto a settembre. Lo rileva l’Istat precisando che rispetto a ottobre 2010 il tasso di disoccupazione 15-24 anni è aumentato di 1,5 punti.
Esaminando invece non solo i giovani ma comprendendo tutte le fasce d'età della popolazione attiva il tasso di disoccupazione a ottobre si attesta all’8,5%, in aumento di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,1 punti rispetto all’anno precedente. Lo rende noto l’Istat precisando che si tratta del livello più alto dal maggio del 2010.
Il numero dei disoccupati, pari a 2.134 mila, aumenta del 2,5% rispetto a settembre (53 mila unità). Su base annua si registra una crescita dell’1,8% (37 mila unità). L’allargamento dell’area della disoccupazione riguarda esclusivamente gli uomini. Scende infatti  leggermente la disoccupazione tra le donne: cala di 0,2 punti percentuali (sia su base mensile sia base annua) portandosi al 9,4%. Il tasso di disoccupazione maschile, riferisce l'Istat, aumenta di 0,5 punti percentuali portandosi al 7,9% mentre su base annua l'aumento è di 0,3 punti percentuali.
A ottobre, spiega l'Istat, la stabilità dell'occupazione complessiva rispetto al mese precedente è una sintesi di una diminuzione della componente maschile (0,5%) e di un aumento di quella femminile (+0,8%). Anche su base annua la crescita dell'occupazione interessa esclusivamente la componente femminile (+1,2%) mentre l'occupazione maschile diminuisce dello 0,4%.
Il tasso di occupazione maschile, pari al 67,3% diminuisce di 0,3 punti percentuali sia rispetto a settembre sia su base annua. Quello femminile, pari al 46,5%, registra un aumento di 0,4 punti percentuai sia in termini congiunturali sia tendenziali. La disoccupazione maschile cresce del 6,5% rispetto al mese precedente e del 4,5% nei 12 mesi; il numero delle donne disoccupate diminuisce rispetto a settembre (-1,9% e su base annua (-1,3).
Infine, l'inattività diminuisce dello 0,4% in confronto al mese precedente. Il calo congiunturale coinvolge sia la componente maschile (-0,2%) sia quella femminile (-0,5%); nei 12 mesi gli uomini inattivi aumentano dello 0,6%, mentre le donne inattive diminuiscono dello 0,3%.

http://www3.lastampa.it/economia/sezioni/articolo/lstp/432470/